Riferimento: Domizi, Alberto Sax Chorus
Per Ensemble di 12 saxofoni (SI, 2S, 3A, 3T, 2B, BS), è stato eseguito per la prima volta il 07.09.1992, presso il “Teatro Rossini” di Pesaro, in occasione del 10th World Saxophone Congress, dal Sax Chorus diretto da Alberto Domizi.
«In occasione del Festival Internazionale del Saxofono di Pesaro (1992) mi fu commissionato da parte del Sax Chorus diretto da A.Domizi un pezzo per 12 Saxofoni.
Fino a quel momento la mia esperienza compositiva, riguardo al Saxofono, si era limitata all'impiego del contralto nell'organico sinfonico (in un paio di occasioni) e all'utilizzo dello stesso contralto¦ e del tenore come strumenti alternativi al fagotto in occasione della pubblicazione delle due Sonate che avevo scritto per questo strumento.
La circostanza del Festival mi portò così ad affrontare un mondo timbrico, per me, ancora in gran parte inesplorato.
Avevo già lavorato per altri ensemble di tipo «monocromatico», che oggi costituiscono una formula alquanto diffusa: dai pezzi per 12 violoncelli, a quelli per 12 flauti, dai pezzi per 12 chitarre a quelli per 6 percussioni (anche se in questo caso si tratta di una monocromia del tutto particolare). Si noti come il numero di 12 - che ricorre in queste formazioni - è particolarmente felice poichè permette «divisioni» omogenee in 2, 3, 4 e 6 parti.
Ovviamente il vantaggio dato in questi casi dagli strumenti a fiato è la possibilità di fondere nell'ensemble tutti i congeneri di ciascuna famiglia: mi resi immediatamente conto di come l'«orchestra» di Saxofoni fosse, sotto questo profilo, una delle combinazioni più fortunate poichè tra il SI e il BS viene a dispiegarsi un'estensione di tutto rispetto (quasi cinque ottave !). E inoltre, al suo interno, vengono a trovarsi ben sei sfumature coloristiche diverse.
Va ancora ricordata la notevolissima escursione dinamica che è nel potenziale di un buon gruppo professionale di questo tipo.
Fin qui i dati oggettivi. A cui si aggiungono, per me, delle «memorie» di diversa e contrastante matrice: reminiscenze provenienti dal mondo del jazz, dalla sfera della «vecchia» musica leggera, dall'estetica raveliana legate assieme da un sottile filo di dolcissima e nostalgica decadenza. Il Saxofono che sa sussurrare ma anche gridare, essere dolce ma anche aggressivo, piangere ma anche sorridere. E, in tutti questi contrasti, sembra celarsi sempre, tra il misterioso e l'invisibile, il confine tra l'ironia e l'autenticità del sentimento: questo è il mio Tango in nero per 12 Saxofoni».
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