Per oboe (o sax soprano) e pianoforte
1 - Ouverture (smarriti nella nebbia);
2 - vai, Pendenza, pedala!;
3 - il carretto di Mariin;
4 - il sogno della Davidica;
5 - vai all'Ovest, Sceriffo!;
6 - Requiem per Pantaleo;
7 - l'Ammiraglio? è sul ponte di comando!
«Questa suite è dedicata ad alcune persone (una scelta rappresentanza, in effetti) che hanno vissuto al confine di quella che viene chiamata per convenzione “normalità” in una città che è Ferrara, ma potrebbe tranquillamente essere una città qualsiasi delle nostre province. Città né troppo grande né troppo piccola, Ferrara è dotata per antica tradizione (forse derivata dalla saggia gestione dei problemi della vita tipica della gente di campagna) di una suffi¬ciente capacità di tolleranza verso chi per nascita, malattia o stili di vita è rimasto chiuso in un mondo parallelo, fermato per sempre in una ossessione, in un tic, in un gioco della sua infanzia. Spero che i ferraresi (ma non soltanto loro) mantengano in futuro la capacità di considerare queste persone come compagni di viaggio, da trattare con rispetto e con l’ affetto che si può toccare con mano ancora oggi quando vediamo dipingersi un sorriso sul volto delle persone al solo nominare personaggi come Pendenza o lo Scerio.
”Piccole storie” appunto, sia perché non hanno l’ambizione di competere con storie molto più grandi, sia perché “piccole” sono le esistenze di queste persone, o forse no, dato che di loro parliamo ancora dopo tanto tempo.
Piccola ouverture - smarriti nella nebbia. La nebbia in cui è immerso il brano è quella di una volta che non c’è quasi più se non per comparire a tradimento sulla autostrada per Bologna giusto in tempo per portarsi via per sempre qualche malcapitato che passa di lì con la solita fretta. La nebbia di una volta portava via tutto, i suoni, i pensieri e qualche volta anche l’anima della gente.
Vai, Pendenza, pedala!
Pendenza era soprannominato così per via di una gamba corta e storta, “ranca” che lo faceva ovviamente zoppo, ma mai in pendenza (da cui il nome) se in montagna aveva l’accortezza di girare il fianco con la gamba corta sul lato della salita. Pendenza era tutt’uno con la sua bicicletta (sulla quale l’handicap era poco fastidioso) e non ne scendeva quasi mai. Nella musica sentiamo le ruote della bici girare vorticosamente mentre corre a perdifiato, spingendo anche con la gamba “ranca” meglio di Bartali.
Vai all’ovest, Sceri¬o!
Lo Scerio era ovviamente chiamato così perché sempre vestito con un grande cappello da cowboy e certe volte persino con stivaletti e speroni, come in un film western. La sua mente si era persa per sempre all’età di cinque o sei anni, fermandosi in un fotogramma di un film di John Wayne. Le sue apparizioni destavano sempre ilarità mentre si muoveva per il centro della città come sul set di un film che solo lui vedeva, aggirandosi tra il Duomo ed il Castello come fosse nel Deserto Dipinto o nella Monument Valley. Era un ospite fisso del centro di igiene mentale, ma era lasciato libero di muoversi perché assolutamente inoffensivo. Fu trovato morto in un canale, forse investito da un’automobile che non gli prestò soccorso. Avrà pensato di essere stato colpito alle spalle a tradimento da Nuvola Rossa o da Billy the Kid.»
[CD • Una Rosa - Roberto Manuzzi (sax) e Paola Tagliani (pianoforte) - Ed. Bonobo, Bologna]
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