Riferimento: Sammarco, Fabio
Per Sax baritono e Armonica cromatica.
Questo il testo di presentazione ad un gruppo di opere arrivate a “Il saxofono italiano” contestualmente:
«Due parole per quattro brani
Il repertorio per saxofono rappresenta sicuramente una sfida più che interessante per il compositore di oggi. E dico “di oggi” perchè espressioni come “classico”, “contemporaneo” o altro sono ormai – e giustamente – diventate idascaliche e come tali sono state acquisite dal vocabolario tecnico[1]ermeneutico della musica.
Come strumento, il Saxofono è sicuramente uno dei più giovani se si pensa alla storia di “colleghi” come il pianoforte o il violino o il flauto. Ha pertanto ancora così tanto da poter offrire alla ricerca tecnica a quella timbrica ed a quella, analoga alla precedente ma tuttavia sfumata di potenzialità differenti, coloristica. Che io sappia, a tutt’oggi ad esempio molti compositori si trovano nell’imbarazzo di non sapere con certezza dove sistemare la sezione all’interno di una compagine sinfonica: e troviamo i saxofoni tra gli ottoni (insomma, sono molto simili a corni e tromboni o no?) o chissà dove. Ebbene, ma non devo dirlo io qui perché Voi saxofonisti lo sapete, vanno insieme ai legni! Questo perché dolphe Sax creò il suo prototipo (era il 1840 anche se il brevetto è del 1846) modificando un clarinetto. E ciò conduce al problema principale: la posizione all’interno dell’orchestra non è semplicemente una fatto di comdità, no, è invece una scelta ben precisa che ha precise conseguenze compositive e intenzionali. Diverso è ovviamente il caso delle Big Band (Glenn Miller, Benny Goodman etc docent), ma qui parliamo di Orchestra Sinfonica…
Ho accolto con grandissimo entusiasmo la sfida che l’amico Fabio Sammarco, docente di Saxofono, saxofonista e ideatore del “Saxofono Italiano” (fenomeno mediatico unico nel suo genere del quale, da compositore, lo ringrazio davvero) a impegnarmi nel dare un mio seppur modestissimo contributo al repertorio – ripeto – “di oggi” di questo meraviglioso strumento la cui voce è talmente “umana” dall’essere considerata la più idonea alla esercitazione sulle trascrizioni di assoli in più di un ambito accademico. Ed il risultato, almeno per il momento, è quello che questi quattro brani rappresentano: Un quartetto, un brano per sax soprano solo e due brevi preludi per sax baritono e armonica cromatica. Sugli ultimi due in particolare vorrei spendere dueparole a parte.
Il quartetto “1376” parte da brevi incisi melodici trattati algoritmicamente in modo da generare dei dialoghi in cui il contrappunto giunga ad una sua sintesi completa al termine di brevi ed antitetiche “tornate dialettiche” aperte dal sax soprano e chiuse dal baritono. Sintesi che, tuttavia, non lascia nell’ascoltatore (o, almeno, nelle mie intenzioni non dovrebbe farlo) il senso di qualcosa che si sia defiitivamente “compiuto” ma che potrebbe essere oggetto di una nuova “discussione di gruppo” in un qualche futuro prossimo, magari condito di una leggera distopia (cosa che in tempi come questi rappresenta forse l’ultima spiaggia della speranza…).
“Memories” è al contrario un brano molto melodico di cui nessun algoritmo ha potuto turbare la genesi. E tuttavia, tra le volùte affidate al sax soprano solo (e chi scrive musica sa benissimo quanto sia difficile esprimere in modo completo e convincente un’idea senza il supporto di una texture ritmico-armonico-contrappuntistica, affidandola al gesto di uno strumento solista e soprattutto monodico), si intravede ben presto che la strada percorsa non è che un sentiero ancora tutto da completare e di cui decidere financo la destinazione finale. Destinazione finale che arriva dopo una serie di inaspettati cambi di prospettiva, tra citazioni classiche e modalizzazioni serialeggianti.
Infine, due parole sui brani per Sax Baritono ed Armonica Cromatica. Chi Vi scrive ha iniziato il suo percorso musicale da compositore, tra mille opposizioni ed ostacoli, alla verdissima età di tredici anni nell’ottobre del 1979 ed ancora non se ne è stancato. Anni e anni di studio intenso e condotto per lo più al di fuori dei tradizionali percorsi accademici e dei Conservatorii, e tuttavia sempre in modo serratissimo e quasi ossessivamente preso dalla volontà di andare sempre oltre e sempre seguito dai migliori Maestri che abbia avuto la fortuna di incontrare. “Migliori” che non vuole essere assolutamente un termine di paragone e nemmeno togliere meriti a chicchessia, ma che hanno rappresentato per quel giovane studente, che sognava di emulare i suoi eroi fatti di note, e ben oltre la musica, degli esempi che a tutt’oggi, a distanza di parecchie decadi, continuano ad ispirarlo. Ma, a fianco degli studi di teoria, armonia, analisi, contrappunto, canto e, ovviamente, pianoforte, c’era un altro strumento che fin da bambino, quello studente aveva sempre in tasca:
l’armonica “a bocca”. All’epoca di cui vi parlo era quella diatonica, piccola e maneggevole e sinceramente, non me ne vogliano i grandi del blues, a me continuava a sembrare un giocattolo… Poi avvenne, era il Natale del 1990, l’incontro con l’Armonica Cromatica, uno strumento completo, dotato di una gamma di suoni che va dalle tre alle quattro ottave e le cui possbilità espressive in ambiti molto lontani da quelli a cui sembrava relegata, mi apparvero subito davvero sorprendenti. Ricordo che mi chiesi perché venisse considerata un giocattolo o al massimo relegata ad ambiti “non classici” visto che studiando e ricercando avevo messo le mani su opere di Vaughan, Milhaud o Villa-Lobos composte espressamente per quello strumento, e da quel momento il mio impegno fu quello di cercare di contribuire alla sua diffusione sia come compositore che come interprete ed eventualmente (ma confesso che all’inizio ci credevo poco) arrivare a poterla vedere ammessa nell’olimpo degli strumenti “veri”: i Conservatorii. E pare che da quest’anno - per carità non è stato di certo merito mio, ma il mio cuore ha dato senz’altro un balzo alla notizia - ciò sia diventato finalmente realtà.
In particolare, i due pezzi che ho pubblicato in questi giorni e che sono qui proposti, “Prima idea” e “Preludio”, sono i primi di una serie di brani, in fieri e che saranno via via più complessi, il cui obiettivo è di esaltare il gusto cromatico che nasce dall’accostamento di questi due strumenti, così simili per certi versi e così diversi per altri: Il Saxofono e l’Armonica Cromatica, appunto. Il dialogo serrato tra i due, seppur breve perché contenuto in brani di non più di tre minuti di durata ciascuno, procede senza interruzioni, cercando di mettere in evidenza certe particolarità che, accostate, “inventano” un colore forse inaspettato, sperimentale ma senza dubbio di suggestione particolarissima. Si immaginano successivi sviluppi, si resta con un senso di attesa di qualcos’altro che, si intuisce, è in procinto di arrivare… E che, questo lo spero di cuore, quando sarà finalmente arrivato non avrà deluso le aspettative.
Dedico questi miei quattro lavori all’amico Fabio Sammarco, pregandolo di perdonarmi per la mia impoerdonabile lentezza nel lavorare e ringraziandolo davvero di cuore a nome di tutta la Musica, per lo straordinario lavora che sta portando avanti e che rappresenterà, di questo sono certissimo, un faro che illuminerà il cammino dei Saxofonisti e non solo anche nel fututo. Ad maiora!»
Andrea Antonello Nacci 12 Maggio 2022
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