Per saxofono, percussioni, ensemble e live electronics, commissione dello Stato francese per Proxima Centauri e Hanatsu Miroir, in prima esecuzione assoluta il 16 novembre 2018 all’Espace K di Strasburgo, nell’interpretazione di Marie Bernadette Charrier, saxofono (Proxima Centauri) e Hanatsu Miroir.
«Il terzo numero delle “meccaniche” esplora il concetto di solitudine. Già alcune lingue, come l’inglese, permettono una differenza lessicale tra “solitude” e “loneliness”, ovvero tra una condizione volontaria o una subita dello stare da soli, con tutte le conseguenze che essa comporta. Nella psicologia sociale e nella psichiatria, la solitudine è definita come una “malattia sociale” quando questa comporta un rifiuto dell’interazione umana o di una riconoscibilità pubblica all’interno di una comunità. D’altronde, l’essere soli è una costante di molte fasi della nostra vita, e solitudini parziali fanno parte di alcuni ruoli sociali che comunemente accettiamo o talvolta soffriamo in silenzio. Esiste la solitudine dei leader, la solitudine degli ultimi, quella di chi è diverso o incompreso, quella di chi è inseguito dalle aspettative altrui; esiste l’indipendenza che nel tempo diventa isolamento, la superbia che fagocita chi la prova per l’allontanamento dai sottoposti che nel tempo comporta. Sono solo alcune delle solitudini sociali più comuni che attraversano il nostro tempo; molte di queste sono socialmente accettate e previste nella nostra società; esse diventano spie di un malessere quando si acutizzano o si allargano alla vita personale trascendendo i propri limiti ontologici. Questa meccanica è una suite di pezzi senza soluzione di continuità, in cui il saxofono baritono si adopera in musica per rappresentare varie tipologie di solitudine che possono occorrere nella nostra vita personale e sociale. Se da un lato un solista è già “solo” per definizione, questo pezzo mi ha permesso di ragionare più a fondo sulla ricerca di ciò che non è scontato e sul fatto che gli aspetti funzionali sono, nel lungo periodo, più interessanti di quelli timbrici nella scrittura da camera, specialmente nella definizione di una macro-forma. Un co-solista (quasi un antagonista) compartecipa e stratifica la separazione tra un solo strumento e il resto del gruppo da camera. Vari strumenti “speciali” come l’Hurgy Toy e l’archetto continuo (un dispositivo elettromeccanico che permette l’esecuzione di note continue su superfici risonanti con bordo, come per esempio le lame del vibrafono, i fogli di polistirolo, la marimba ecc.) intervengono nel pezzo spostando sempre più frequentemente l’idea di elettronica nella musica mista da qualcosa che si pone in rapporto dualistico con gli strumenti acustici a mero supporto per l’esecuzione strumentale tout court. La partitura contiene alcune indicazioni su alcuni momenti di lighting design che sono importanti nel pezzo perché partecipano all’azione musicale tramite il loro ritmo; ecco che, sulla stregua del discorso precedente, il mio live electronics interviene ora anche sul live lighting. La captazione del suono e la programmazione di eventi preordinati trascendono in questi casi dalla percezione di materiale sonoro ma legano aspetti eterogenei dello spettacolo in un tutt’uno e la partitura trova così un’importanza centrale nell’esprimere come questa sinergia debba realizzarsi».
ESZnews 77
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