Opera per il teatro.
Il 13 aprile del 1901 si rappresentava la prima delle due opere liriche del repertorio di Mascheroni, "Lorenza", tre atti ricavati da un libretto di Luigi Illica: il Teatro Costanzi di Roma ospitò la prèmiere.
«I complimenti di Giuseppe Verdi erano piuttosto rari, ma quelli espressi nei confronti di Edoardo Mascheroni apparivano tra i più sinceri.
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Lo stesso Verdi era morto da neanche tre mesi e il vuoto si sentiva perfettamente. Il cast scelto fu di primo livello, come anche il librettista, quell'Illica che aveva contribuito alla fortuna di capolavori come "La bohème", "Tosca" e "Andrea Chénier". Con la direzione dello stesso compositore debuttante, "Lorenza" fu cantata per la prima volta da Gemma Bellincioni, prima Desdemona e Santuzza tanto per citare alcuni ruoli, Anna Giacomini, Amedeo Bassi, Luigi Poggi, Felice Calcatelli e Arturo Pessina, oltre ad Aristide Parasassi, Giuseppe Gironi, Ettore Salvi e Aurelio Aureli.
Il lavoro fu premiato dal pubblico romano, tanto è vero che "Lorenza" venne rivisitata in più di una occasione nel corso degli anni successivi: il fatto che l'opera sia circolata anche in alcuni palcoscenici all'estero conferma il successo iniziale, con una ripresa molto applaudita in lingua francese nel 1920 in Belgio (a Gand per la precisione). I personaggi di questa storia sono presto detti: Lorenza (soprano), Carmine (tenore), Gerace (baritono), l'ostessa Nunziatella (mezzosoprano), il verdummaro (tenore), il capitano (basso), l'ufficiale (basso), il pastore Michele (tenore), il pastore Pasquale (basso), Giovinazzo (mezzosoprano), Pesciotta (tenore), Garganta (basso) e Grumo (tenore).
L'azione comincia proprio nei pressi dell'osteria di Nunziatella: l'ambientazione venne fissata nella piccola città di Laureana (oggi in provincia di Salerno). È il giorno della festa della Madonna del Carmelo e il piazzale è pieno di donne, uomini e fanciulli. Siamo all'inizio dell'800 e in mezzo alle celebrazioni religiose si notano i soldati del nuovo Regno di Napoli, i quali affiggono presso la chiesa un decreto: la cattura del bandito Carmine vale mille ducati. Il verdummaro lo riconosce nelle vesti di un frate, ma i soldati non riescono ad arrestarlo, poi a Gerace viene in mente di allettare il criminale con la bellezza di Lorenza, fingendo che sia la moglie di un alto funzionario.
La trappola funziona, Lorenza, abile attrice, viene rapita, ma si fa conquistare dai racconti di Carmine e dalla tristezza della sua vita. I due si scoprono entrambi innamorati e pensano addirittura di fuggire insieme: Gerace scopre la grotta in cui Lorenza è nascosta, è pronto per la vendetta, la uccide e riesce a far arrestare Carmine, il quale viene trascinato via con mani e piedi legati. Non è difficile scorgere le tipiche caratteristiche dell'opera verista: l'ambientazione nell'Italia meridionale, l'estrema religiosità dei personaggi, le vendette, l'onore tradito e le scene di morte descritte in tutta loro crudezza.
D'altronde, "Lorenza" si colloca a poca distanza di tempo da "Pagliacci" di Leoncavallo e di "Cavalleria Rusticana" di Mascagni, dunque il genere era ben accolto dai teatri all'epoca. Mascheroni passerà alla storia però come un importante direttore d'orchestra piuttosto che come compositore, il culmine della carriera era stato raggiunto nel 1893 con la prima rappresentazione del "Falstaff" di Verdi e l'affetto incondizionato del Cigno di Bussetto, il quale era solito chiamarlo "Farfarello" nelle lettere che gli indirizzava. "Lorenza" poteva avere maggiore fortuna, ma dopo due decenni di successi e riconoscimenti si è persa per strada, una illusione che invece non ha riguardato la seconda opera di Mascheroni, "La perugina" (1909).
La traccia lasciata nel mondo operistico fu comunque importante. Nel XX secolo fu protagonista di una serie di direzioni in Italia, anche se in molte città di provincia, prediligendo nella maggior parte dei casi il repertorio dell'800. Queste scelte lo misero da parte per quel che riguarda i nuovi gusti e le correnti musicali che cominciavano ad affermarsi, senza dimenticare che il suo brutto carattere non gli fu certo di aiuto. Nel 1925 decise di ritirarsi nella sua villa costruita a Ghirla di Valganna, non lontano da Varese, località in cui morì nel 1941, all'età di quasi ottantanove anni.» (Simone Ricci su OperaLibera - Libera espressione d'opinioni)
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