«Avrebbe dovuto chiamarsi Spirali, in virtù della struttura, appunto, a spirale, poi, nel corso della realizzazione, lo cambiai in Sthonenge. In corso d’opera, decisi nuovamente di cambiare il titolo precedente in Labirinto di Chartres fino ad arrivare alla sua intitolazione definitiva: Labirinto Cosmico, che, credo, integra e supera tutti i precedenti.
Il labirinto.
Il labirinto è, oltre che essere un affascinante rompicapo, è una allegoria simbolica del percorso introspettivo verso l’Essenza che deve compiere l’Uomo.
La struttura “a spirale” del “Labirinto Cosmico”.
Tutto nasce dal primo suono di ogni strumento, il centro, da cui si dirama un percorso a spirale della linea melodica. Visto da una prospettiva di insieme, il centro* è formato da 4 “sentieri” melodici “battuti” dai 4 sassofoni che possono rappresentare i 4 punti cardinali della composizione. L’idea di creare una spirale, struttura che ha sempre affascinato l’uomo, ricorrente anche nella natura e nell’universo, ha determinato, come conseguenza, la forma a doppio canone in ottava del brano (il primo è realizzato con i sassofoni baritono e contralto
mentre, il secondo, con il tenore e il soprano). Il suono centrale di ogni strumento è stato determinato dalla rispettiva estensione media. Pertanto i suoni centrali si ascoltano solamente, in ogni strumento, una volta nella prima misura per tutto l’intero dipanarsi delle spirali, per poi essere esclusivamente ripetuti, come fosse una sorta di mandala Om, nella chiusura finale. Intorno ai quattro suoni centrali (vedi lo schema strutturale), indicati con il numero 0, vengono serializzati, in successione cromatica, tutte le altre note della estensione media degli strumenti.
In questo modo, si ottenengono 24 + 1 suoni per ogni sassofono. I 24 suoni costituiscono la serie madre del brano. Da essa scaturiranno tutte le successive ramificazioni che sono costituite da: la serie cromatica “c” di 12 suoni a sinistra del suono 0, la serie cromatica “d”, di 12 suoni a destra del suono 0. Le serie cromatiche di 6 suoni “a” e “b”, vicino al suono 0 e “f” ed “e”, lontane dal suono 0. Ogni serie si dipanerà seguendo gli ordini numerico “a spirale” dello schema e temporale della composizione. Ogni volta che una serie raggiungerà il primo suono di un’altra serie essa determinerà l’inizio di quest’ultima. L’inizio di una nuova serie avverrà nello stesso suono della precedente, tramite legatura di valore, come fosse la riproduzione di una nuova cellula attraverso lo sdoppiamento della cellula originale (es.: vedi parte del sassofono baritono 7 e 8).
In origine, i 24 suoni della serie madre (quelli indicati con i numeri senza essere seguiti dalle lettere) vengono prodotti con durate in semibrevi. Le serie cromatiche di 12 suoni, “c” e “d”, con durate di minime. Le serie cromatiche di 6 suoni, “a”,”b”,”e”,”f” con un valore che rappresenti ¼ della durata del suono della serie che l’ha generata. Quindi: se sono prodotte dalla/e serie cromatica/che di 24 suoni, espressa con durate di semibrevi, avranno, le serie di 6, suoni con una lunghezza di semiminima. Se sono prodotte da una serie di 12, avranno suoni con una lunghezza di crome. Ogni ripetizione delle serie nel corso della composizione, comporta la riproposizione dei suoni cromatici con durate equivalenti alla metà della stessa serie precedente. Pertanto se la prima serie di 24 suoni veniva cadenzata con durate espresse in semibreve, la ripetizione della stessa, avrà una scansione temporale in minime. A cascata, si deducono le durate delle serie successive. La suddetta tecnica della diminuzione, applicata alla ripetizione delle serie cromatiche, avverrà per un massimo di 3 volte. Dopodiché conseguirà, attraverso un procedimento speculare, la ripetizione a ritroso delle durate della serie ma con la sostituzione dei suoni con delle pause, come se la spirale continuasse nella dimensione dell’antimateria. Il processo di ramificazioni (le ripetizioni delle serie) cesserà quando la serie madre raggiungerà il 24° suono. Da quel momento inizierà il processo di “coda”. I suoni delle serie cromatiche, gradualmente, si esauriranno senza più generare nuove ramificazioni. Il finale è come fosse un mantra sonoro, ripetuto tre volte, dei suoni 0. Ogni ripetizione ha la lunghezza dello schema di base. In questa ultima fase, la durata di ogni suono 0 ha la lunghezza equivalente ad una serie da 6 suoni cadenzati in successione di semiminima. Il suono 0 originario viene, qui, sostituito con una pausa di semiminima.
*Il centro**, visto dalla prospettiva temporale, diventa, però, la porta d’ingresso in cui il compositore, i musicisti e gli ascoltatori entrano. La meta diviene il finale.
**Il centro, visto dalla prospettiva espressiva, diviene il momento in cui vengono raggiunti i suoni 23 e 24 della serie madre…»
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