Dedicato ad Alber Ayler.
«.. Risente del mio percorso informativo e compositivo, cioè della ricerca ai confini tra jazz e classica contemporanea che mi aveva portato l'avventura iniziale della scrittura del brano per Q; questo brano è debitore delle sensazioni datemi dall'ascolto delle composizioni di Ayler, e proprio per questo gli è dedicato.
Consta di una lunga sequenza costruita su due note iniziali che ripetendosi, come un "mantra", lentamente si svincolano dalla posizione sonora iniziale per aprirsi sia in termini di tessitura che di concentrazione/rilassamento ritmico, fino ad arrivare a riproporre le stesse note iniziali su un gioco di doppi suoni e suoni armonici; questo riproporre un "tema(!?)" mascherato, trasfuso in una tessitura improbabile, molto fluttuante, molto instabile porta ad un effetto di "straniamento" del suono dello strumento (e del resto non era forse questo l'effetto che Stravinskj ottenne facendo suonare dal Fg, un ottava sopra alle tessiture abituali, il tema de "Le Sacre du printemps", come ci ricordano sempre i libri scolastici di strumentazione).
Credo fermamente che nulla si inventi nella scienza musicale, ma tutto sia frutto di rilettura e/o reinvenzione in un diverso contesto sonoro: solo un lavoro costante di rilettura e quindi di acquisizione di ogni tipo di "materiale" sonoro può portare alla scoperta di un "suono nuovo".» 1991
«Trattandosi di un tema jazz è possibile utilizzare anche il suono "sporcato" ovvero non tecnicamente ineccepibile.» 2015
Into the quiet afternoon of darkness
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