Nella versione 2010 Der Bilderfresser fur Klavier, Akkordeon, Perkussion, Violinen, 18 Orchestergruppen und Chor...nella versione del 2008 era riportato come Concerto per Coro, Orchestra e Pianoforte concertante commissionata dalla WDR, Westdeutscher Rundfunk.
Organico prevede 2 flauti in Sol, 2 oboi, corno inglese, 3 clarinetti in Sib, clarinetto contrabbasso, 2 fagotti, corno, tromba in Fa, 3 trombe in Sib, 3 tromboni con sordina, tuba, 1 sassofono alto, 1 mandolino, kanun, theremin, chitarra acustica amplificata, chitarra elettrica, angklung (esec a s), percussioni, arpa, pianoforte, celesta, accordeon, 6 soprano, 6 mezzosoprano, 6 tenori, 6 baritono, 6 basso, 6 violini con scordatura, 4 violini con sordina di metallo, 3 violini soli con scordatura (violino I 14 di tono sopra violino II intonazione normale violino III 14 di tono sotto), violini, 3 viole con sordina, viole con scordatura, violoncello, contrabbasso con scordatura.
Prima esecuzione assoluta il 3.5.2008 presso la WDR, Westdeutscher Rundfunk da parte della Kölner Philharmonie.
Questa composizione è dedicata a Julia Ohrmann.
«“Der Bilderfresser” (Il mangia immagini) è stato sin dall’inizio concepito come scena del mio progetto teatrale musicale intitolato “Thümmel ovvero l’estinzione della parola”.
L’azione di tutta l’opera teatrale musicale ruota intorno al personaggio storico del pittore triestino Vito (in realtà Viktor…) von Thümmel.
Nato a Vienna e cresciuto a Trieste, nel periodo antecedente la prima guerra mondiale frequentò la Scuola di Arti e Mestieri di Vienna, tornò in seguito a Trieste, dove, in conseguenza ad un incontrollato consumo di sostanze alcoliche sviluppò una grave forma di malattia mentale. Venne successivamente internato nel grande manicomio triestino, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. In quel periodo era in grado di disegnare solo in un modo apparentemente molto infantile, riuscendo al contempo a mantenere inalterata la sua raffinatissima arte pittorica che emergeva nella visione reiterata di complicate prospettive di labirinti, strade contorte, canali, proiezioni orizzontali e così via. Gli elementi base essenziali del suo mondo fisico compaiono ripetutamente e spesso inalterati in centinaia dei suoi disegni, descritti in un dialetto triestino scorretto. Lui li chiamava “sogni”.
Gli ultimi disegni compiuti in manicomio rappresentano il modello per le scene della mia opera teatrale musicale.
Thümmel, che molto spesso si autorappresentava all’interno dei propri disegni come un viandante senza meta, voleva dimenticare tutte le parole del mondo: se solo fosse riuscito a scordare il nome di sua madre e quello di sua sorella si sarebbe ritrovato in Paradiso, diceva. Voleva dissolversi in atomi all’interno di un mondo senza parole… “Locanda Paradiso”, così si chiamava l’osteria triestina nella quale quotidianamente si ubriacava!…
L’altra figura complementare della mia opera è Cesaro Sophianopulo (Caesar Sophianopulos), triestino di nascita e di nazionalità greca, allievo del pittore monachese Franz von Stuck. Il mondano-triviale pittore e poeta Sophianopolus era l’unico amico che fece visita a Thümmel negli ultimi anni del suo isolamento. Al contrario di Thümmel egli era, nel suo poetare, un eccentrico feticista della lingua, al limite del kitsch, che si travestiva da diavolo, monaco, personificazione della morte e così via. In quest’opera teatrale la sua funzione è quella di un angelo, che come unico essere proveniente dal mondo profano, ha accesso al mondo puro-sacro di Thümmel. Proprio in questo punto si verifica l’associazione archetipica della coppia Thümmel- Faust e Sophianopolus-Mefistopheles.
“Der Bilderfresser” è una mia idea originale. La visione del pittore ormai malato, in uno spazio reso vacuo, in cui gli elementi peculiari dei suoi sogni tremolanti che fluttuano liberamente, appaiono, senza soluzione di continuità, come immagini, ha fornito l’aggancio ottico alla mia composizione. Thümmel osserva ammirato questo mondo di immagini, come un bambino i giocattoli all’interno della sua camera dei giochi. Ognuno delle 18 immagini, che qui, all’interno di questo “non spazio” , godono di una vita autonoma, ha una sua peculiare “voce” strumentale, che viene restituita attraverso uno dei gruppi orchestrali. E ogni immagine pare essere costituita in eterno della sua sostanza strumentale astratta, fino a quando le voci del coro invisibile (posizionato dietro il pubblico come riflesso dei gruppi orchestrali), e quella del pianista Thümmel la designano.
Solo allora le immagini scompaiono uno dopo l’altra in un batter d’occhio!
Nella versione scenica Thümmel, una volta che l’immagine è stata de-nominata, l’inghiottirà. Dopo averne ingurgitato 17 (la 18esima è innominabile trattandosi della sua stessa immagine), satollo, cade nell’acqua. Il che significa: se troviamo un nome per l’astrazione della musica (…ma non soltanto della musica…), distruggiamo l’immagine…
Allo stesso modo in cui i gruppi strumentali animano ogni immagine attraverso la loro “voce” senza parole, anche il bambino-von Thümmel ha la sua propria “voce” strumentale. È un complesso consistente in un suono di pianoforte-fisarmonica-percussioni: la fisarmonica assume la funzione sonora del respiro, il pianoforte quella dell’“ossatura-cranio” e le percussioni quella dell’articolazione verbale. La sonorità dei violini rappresentano l’elemento portatore di vibrazioni, una specie di atmosfera o aria, che necessita della “voce” per venire percepita. Questa personalità sonora di Thümmel accompagna l’apparizione di quasi ogni immagine.
I 18 gruppi orchestrali sono posizionati sul palco in modo da formare tre colonne:
I II III
16 17 18
13 14 15
10 11 12
7 8 9
4 5 6
1 2 3
Pubblico
Dietro il pubblico, invisibile, il coro:
S 1 2 3
M 1 2 3
A (contralto) 1 2 3
T 1 2 3
BAR 1 2 3
B 1 2 3
Le immagini si ascoltano da sinistra verso destra e da davanti verso dietro nella seguente successione: si comincia dalla 1a, poi la 2a, poi la 3a. Dalla 4a in poi le immagini si sovrappongono come segue: la 4a suona insieme alla 1a; la 5a con la 2a; la 6a con la 3a; scandagliando la profondità del palco, sino al completamento della prima colonna di immagini e al momento in cui le immagini 16, 13, 10, 7, 4, 1, non risuonano all’unisono. In aggiunta, questo processo è attraversato dall’estensione dai toni alti fino a quelli profondi, cioè dalle luminose immagini dell’inizio fino a quelli bui della fine. Ogni immagine di una colonna già ascoltata si accorda ritmicamente a quella successiva.
Alla fine della prima colonna le immagini 1, 4, 7, 10, 13, hanno raggiunto la medesima struttura musicale della 17a. Lo stesso accade sia con la seconda che con la terza colonna. La macroforma della composizione assomiglia alla facciata di un edificio in cui le finestre vengono gradualmente illuminate dall’alto verso il basso, e ricordano il calendario dell’avvento. La tendenza generale dell’intera composizione è di diventare progressivamente una grande corale… ed in effetti, prima della 18a immagine (l’ultima, come già rammentato precedentemente è l’innominabile immagine di Thümmel) la continua struttura sonora delle colonne tace.
Improvvisamente i gruppi orchestrali ammutoliscono, e si sentono contemporaneamente le tre colonne di suoni a 18 voci, questa volta però esclusivamente cantate a-cappella dalle voci del coro invisibile occultato dietro al pubblico. Come già detto, il coro in questo caso è un riflesso dell’orchestra. Questa parte a-cappella della composizione è nominata “Requiem delle immagini”. A seguire si verifica l’emancipazione di ogni immagine nella sua struttura ritmica originale. E ora risuonano tutti liberati gli uni dagli altri dalla loro precedentemente imposta capacità di adattamento ritmico. Si manifesta una libertà esaltante!…Nella versione scenica il ‘divoratore di immagini’ Thümmel, dopo che è caduto in acqua, le ritrova tutte lì sotto… dopo poco il direttore smette di dirigere e l’orchestra si disperde. È “il girotonto delle libere immagini sott’acqua”. Così i quadri si separano anche al loro interno, e gli atomi delle molecole delle immagini prendono la loro strada… nella libertà…!»
[CD • Der Bilderfresser. Marino Formenti, speaker, piano
Teodoro Anzellotti, accordion
Schlagquartett Köln
Emilio Pomárico/WDR Rundfunkchor Köln, WDR Sinfonieorchester Köln (Winter & Winter: 910 188-2, 2012)]
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