Per Flauti, Sax, Tromba, Violoncello, Tastiere, Fisarmonica, Percussioni, Batteria, Contrabasso, Pianoforte.
«Il Concerto fotogramma è una riflessione a scena aperta su musiche che sono nate per vivere sotto - a fianco di - sequenze di film, qualche volta per messe in scena teatrali, musiche che ora, rilucidate e riorchestrate, sono pronte ad essere rilette con scrupolosa libertà, riallestite per essere suonate al pianoforte, in mezzo ai Solisti dell'orchestra Aracoeli; senza la potenza lussuriosa e l'enfasi magica dell'orchestra sinfonica, ma con l'elasticità espressiva del gruppo solistico.
Viaggiando fra partiture più o meno recenti - da La notte di San Lorenzo a La voce della luna, da Caro diario a La vita e bella, da Canti di scena a Romanzo musicale - le musiche del Concerto fotogramma si affidano all'immediatezza del cantabile, alla libertà dello scarto ritmico, al gusto di suonare affiatati, cioè sul fiato reciproco e sul fiato del pubblico - quando ci si riesce. E tutte le sequenze sonore che si susseguono nel concerto, anche quelle che vengono da spettacoli teatrali, restano legate nella mia fantasia a un'immagine, a uno spezzone visivo, a un disegno: a un fotogramma, comunque.
Il fotogramma è un lampo visibile, una tela nata per non essere vista, per scivolare via impercettibilmente sul nostro sguardo, ventiquattro volte in un secondo; ma a volte, a fissarlo, riesce a indurci una sorprendente ipnosi fuori ordinanza. Si dice spesso che di una musica ben riuscita bastano poche battute per rievocarci alla mente l'anima di un intero film. Ma è anche vero che qualche volta può bastare un solo fotogramma, fisso ma eloquente, per risuscitarci nella memoria un'intera partitura.
Il Concerto fotogramma 2006 naviga sulla stessa rotta della prima edizione, ancora assecondando un po’ il vento arbitrario delle emozioni personali e facendo scalo negli stessi porti, ma con scarti e deviazioni verso spiaggette meno visitate. Si congeda qualche titolo assiduamente eseguito di recente, si imbarca qualche pezzo di musica che mi sembra mostri una faccia del mio lavoro non ancora sottoposta al verdetto del palcoscenico, qualche sequenza sonora rimasta finora fuori scaletta e chiamata ora a brillare non tanto di luce propria, quanto di luce della ribalta. L’entusiasmo e i dubbi nel presentare questo nuovo allestimento sono invece rimasti invariati. E allora vale la pena di rivestirle a festa, e risuonarle in pubblico - come si dice - dal vivo.
Ricordo un episodio, un pranzetto che consumavo in una pausa di lavoro insieme al grande scenografo costumista Danilo Donati. Si presentarono due gentili signori, organizzatori di una mostra e gli chiesero quale doveva essere secondo lui il miglior criterio da seguire per allestire una esposizione dei suoi geniali lavori. Volevano sapere insomma come bisognava trattare i costumi, secondo l’autore, una volta finito di girare il film. E lui dolcemente rispose: ”Bisognerebbe bruciarli!” La risposta provocatoria, in sintonia col carattere di tanto artista, nascondeva in realtà un sentimento di tutto rispetto: i costumi si limitino a vivere dentro il film per il quale sono stati pensati e creati, dove trovano la loro intima ragione d’essere, e non vadano in giro a pavoneggiarsi da soli.
Col medesimo rigore, la stessa regola potrebbe valere per la musica da film, regola che spesso mi sento di rispettare. Ma siccome ogni regola si prende il lusso dell’eccezione, Donati si concedeva ogni tanto anche il gioco di una mostra, e io non mi priverò del gusto di suonare la musica da film in teatro. Anche perché c’è musica e musica. Ci sono partiture efficacissime nate per vivere in un film, le quali, una volta cavate fuori dalle immagini che le illuminano e chiamate a vivere di luce propria, si rivelano fiacche, zoppe, insomma inefficaci in un concerto. Ce ne sono altre invece che, sfilate dalla pellicola che le ingabbia, spiegano il volo e ci rivelano facce e luci sonore che nel film si nascondono, si opacizzano.»
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