Riferimento: Barbieri, Valerio
Concerto grosso per voce di soprano, flauto in sol, sassofono contralto, 12 flauti, 12 sassofoni ed elettronica.
Dedicato a Stefano Agostini, Valerio Barbieri e Elena Tereshchenko e scritto per la Pieve di San Giovanni di Campiglia Marittima.
Prima esecuzione assoluta il 30/06/2019 presso il Conservatorio Pietro Mascagni di Livorno, con Elena Tereshchenko, soprano; Stefano Agostini, flauto in sol; Valerio Barbieri, sassofono contralto, Massimiliano Messieri, elettronica; Ensemble di Fiati del Conservatorio Pietro Mascagni; Lorenzo Sbaffi, direttore.
Bereshit, concerto grosso di Massimiliano Messieri da http://www.letrusco.it
«Domenica 30 giugno alle 19 secondo appuntamento alla Pieve di San Giovanni con autori classici e contemporanei.Un’assoluta novità è rappresentata dal Concerto grosso “Bereshit” composto espressamente per la Pieve di San Giovanni da Massimiliano Messieri. Il Concerto grosso per soprano, flauto in sol, sassofono contralto, 12 flauti, 12 sassofoni ed elettronica sarà eseguito da Elena Tereshchenko, soprano; Stefano Agostini, flauto in sol; Valerio Barbieri, sassofono contralto, Massimiliano Messieri, elettronica; Ensemble di Fiati del Conservatorio Pietro Mascagni di Livorno; Lorenzo Sbaffi,direttore.
Alle 18.30 presentazione del concerto e incontro con i musicisti, alle 19.00 il concerto. Una prima esecuzione assoluta è un evento a cui ogni appassionato aspira ad assistere e a Campiglia, domenica, questa opportunità sarà unita al fatto che ciò che ascolteremo è stato espressamente pensato e composto per il luogo in cui si trova l’incisione di natura palindroma del Sator, che a Campiglia non è un quadrato bensì un rettangolo. “Sator arepo tenet opera rotas”..
Abbiamo chiesto a all’artista bolognese, considerato dalla critica un compositore modale e minimalista: da dove ha tratto l’ispirazione per il brano.
“Quando Stefano Agostini, dopo aver ascoltato un concerto del collega Valerio Barbieri dedicato interamente a mie composizioni, mi propose di scrivere una composizione per la Pieve di San Giovanni a Campiglia Marittima dicendomi inoltre che essa conteneva il SATOR, la proposta mi affascinò subito sia per la collocazione della stessa Pieve sia per il simbolo custodito in essa– confessa Messieri – La mia immediata controproposta, come un suggerimento dell’istinto, fu di scrivere un pezzo per 12 flauti più Agostini come solista, 12 sassofoni più Barbieri come solista e la magnifica voce del soprano Elena Tereshchenko, visualizzando nella mia mente un cono d’aria (formato da due semi-coni uniti, uno per famiglia di strumento) dove le parole del SATOR ruotavano vorticosamente e sulla punta erano appoggiate immobili 3 stelle”.
E in pratica come ha tradotto questo suggerimento d’istinto?
“Appunto, Cosa scrivere? Perché tra l’immagine di una visione onirica, forse atavica, e il suono che essa può produrre c’è un oceano di silenzio con atolli di suono. Dopo un’ accurata ricerca sul possibile significato del Sator e del perché fosse stato collocato proprio all’interno di quella Pieve e in quel posto, la direzione del suo possibile significato mi ha condotto a individuare il titolo della composizione e quale testo la voce umana avrebbe cantato insieme al Sator.”
Dal titolo, alla parola, alla musica …
“Interpretando la traduzione del Sator e la sua collocazione come se fosse una preghiera, se non “la preghiera”, il testo che mi sembrava più indicato per la mia composizione “Bereshit” erano i primi 10 versetti del Salmo 90. Bereshit significa “in principio”, a mio avviso questi primi versetti sono la traduzione del “quadrato magico” della Pieve di San Giovanni, quindi una preghiera di ringraziamento a Dio per la Creazione”.
Una composizione contemporanea che si sostanzia in una preghiera di ringraziamento per la creazione, una sorta di “cantico” dei nostri giorni, dalla prima poesia scritta in italiano a un Concerto grosso del terzo millennio eseguito in una pieve romanica che è essa stessa, col suo profilo stagliato sul mar Tirreno, una preghiera in architettura, per la sua preghiera, Messieri, che lingua ha scelto?
“L’utilizzo del testo in inglese, piuttosto che in ebraico o in greco o in latino o in italiano, è una scelta divulgativa, essendo questa divenuta una lingua globale, parlata in tutto il mondo. Se il Sator in principio poteva essere un indovinello o un codice che solo alcuni potevano conoscere per vicissitudini storico-sociali, oggi questi codici, proprio per la consapevolezza dell’uguaglianza tra i sessi e tra i popoli, devono essere fruibili a tutti”.
Questa ottava edizione dei Concerti della Pieve si concentra attorno al rapporto tra musica e parola, qual è la sua scelta in questo senso, ci ha detto molto della parola, naturalmente, avendo assunto il Sator come testo ispiratore, e sulla musica?
“Mi riconosco nella descrizione della critica che mi definisce un compositore modale e minimalista, che utilizza stilemi popolari di tradizione mediterranea come incipit delle sue partiture, interagendo volentieri con l’elettronica essendo attirato e affascinato da ogni forma di suono udibile e psicologicamente non udibile. Non direi di più perché desidero che i nostri ascoltatori di domenica prossima, con la prima esecuzione assoluta, abbiano un approccio il più diretto e istintivo possibile rispetto al concerto”.»
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