Brano commissionato dall’ensemble L’Arsenale, voce Livia Rado, sax Ilario Morciano.
Dedicato a Livia Rado.
Testi da Rokaby e Not I di S. Beckett
Prima esecuzione in occasione di “L'Arsenale 2021 Nuova Musica a Treviso”, 4 dicembre 2021, Chiesa di San Gregorio, Livia Rado - soprano, Ilario Morciano - sax contralto, Alvise Vidolin - regia del suono.
«Si tratta di un lavoro quasi totalmente incentrato sulla voce di Livia Rado, cui ho dapprima chiesto di recitare e registrare integralmente due diversi testi di Samuel Beckett. Da queste registrazioni ho poi estratto dei frammenti che ho montato secondo una logica musicale. Rockaby, del 1980 e Not I, del 1972 sono due brevissime pièce teatrali forti e radicali, nella loro concentrazione drammatica, ma di impianto e nucleo narrativo quasi opposto. Il testo di Rockaby (Dondolo) è caratterizzato dalla lentezza cadenzata e dalla ripetitività quasi ritmico-ipnotica di una voce fuoricampo; mentre Not I (Non io) è il risultato di un flusso vocale incontrollato, rapido e sintatticamente frammentato. Vi sono però anche dei fondamentali punti in comune: due monologhi al femminile, scritti spezzettando il testo in brevissime frasi che delineano storie di due vite quasi non vissute e senza speranza. La prima (Rockaby) consumata alla finestra nella vana attesa di un incontro con l’Altro –appunto un’altra anima viva– che la strappi all’inesorabile ripetizione del destino materno; la seconda (Not I) segnata da un improvviso quanto tardivo lampo di autocoscienza, che rompe settan’anni di remissivo silenzio per esplodere in uno scroscio sconnesso di parole che tentano la descrizione autopercettiva di un’identità ormai dissociata.
Il brano è articolato in zone diverse, una per ciascun testo, alternate senza mediazioni, in blocchi contrastanti, ciascuno con la propria peculiare presenza della voce recitante preregistrata, con la quale la voce live intesse un molteplice gioco di specchi e richiami, alternando a sua volta il recitato sottovoce, quello in voce, il canto su corda di recita, il canto “fonetico” e il canto pieno. La voce live dialoga spesso in modo drammatico con il proprio alterego preregistrato, ma è un confronto che dobbiamo immaginare tutto interiore, chiuso nella mente della protagonista. Il sassofono interviene anch’esso in una duplice veste: come doppio del canto e, attraverso le sonorità alienate dei multifonici, come una sorta di commento astratto ma espressivo. L’elettronica, oltre che ospitare la parte vocale preregistrata e trattata, introduce delle idee di andamento ripetitivo e ciclico, una melodica, l’altra materica, che sono in qualche modo espressione della struttura circolare dei testi beckettiani, a sua volta espressione di un’alienazione esistenziale e psichica. Poi incisi sonori concreti e texture armoniche dense, di origine strumentale, avvolgono spesso, assorbendole, le linee della voce e del sax.
Dai due testi di Beckett ho estratto i seguenti frammenti ….»
Da http://sergiolanza.altervista.org/another-living-soul/
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