12 Bagatelle per quartetto di sassofoni su testi di Fabrizio Galvagni.
1.Poznan,
Fischiettare a mezzo tono il motivo di una nota canzone è consolante: "Somewhere over the rainbow blue birds fly..." Vagano gli assonnati viaggiatori dell'areoporto internazionale di Poznan e si congedano mesti, i visi corrosi dagli addii: "Scusa, come si dice "ritornare" nella dolcissima lingua polacca?". Uccello dalle ali avvelenate, rode la gelosia la prima luce: L'aurora, fattasi tramonto, affonda le radici infestanti del buio alle fonti dove sgorgano gli astri.
2.Delfi,
Un'inautentica decadenza attraversa le rovine di Delfi. Un tempo qui la vita ebbe il suo senso e l'oracolo divino risuonava come un accordo perfetto maggiore. Presso il tempietto dei souvenirs, con inflessione ormai quasi macedone, ai turisti che cercano fra i sassi le ebrezze impraticabili del mito, la Pizia incanutita canticchia scontati peana d'importazione: Gli dei ogni sera ammainano il cielo e solo al cupo argento degli ulivi son leciti il responso e la preghiera.
3.Strasburgo,
"Oh se la nave di Argo non fosse mai volata attraverso le azzurre Simplegadi verso la terra dei Colchi.." Euripide, Medea, Prologo
Non mutano al mutar delle stagioni le strade e i canali cittadini: Dai semafori affocati zampilla di questo borgo fatto capitale il rimpianto che non sa trovar pace e l'epilogo vermiglio degli amori già si incaglia tra gli argini e le acque. Simulano argonautiche intimità gli adolescenti, inconsapevoli che ormai tutto e per sempre è perduto. Sentinella notturna che condanna i sogni a brancolare fino all'alba, piove ogni sera sulla cattedrale come una piaga il rosso del tramonto.
4.Novosibirsk,
Come dimenticarti, stazione di Novosibirsk, i grigi vagoni, rugginosi grovigli di binari che inseguono in folla il nord estremo, e le voci e gli annunci gracidanti, sovietici per sempre e intempestivi come l'anonima vodka delle bettole? Si brinda senza tregua nel grigiore frenetico di nebbie e di bufere del lugubre novembre siberiano. Travolto dal naufragio degli arrivi, al passeggero adesso non rimane, che rassegnarsi a una partenza cieca verso il non dove che gli è predestinato.
5.Turnham Green,
Non c'è traccia di te, poeta antico, tra i nodi informi della capitale mille e mille volte mutata. Solo la fretta innaturale delle strade è controcanto al tuo diverso esilio. Nel negazio del vecchio pachistano regna l'enigma della nostalgia, amaro inganno e santa vocazione di perdute Zacinto tropicali. Non c'è traccia di te, poeta antico, nella città lasciva e senza voce: non più fronde, non più limpide nubi, non isole petrose o sacre sponde. E l'esilio è il destino di chi resta.
6.Piatra Mare,
La incontrai sui sentieri dei Carpazi, con un mazzo di rose e gli spaghetti nello zaino. Saliva a Piatra Mare. Le riservai un'accoglienza grande, dovuta alla sua anima irrequieta. Splendeva indelebile negli occhi, cicatrice delle labbra di Dio, il bacio della gioia e del dolore. Fu quassù, non alle querce di Mamre, che Abramo accolse i viandanti divini: Non un accenno, non una parola al passato, ai ricordi, alle promesse: per lei il biondo autunno dei Carpazi si accese dei profumi della sera.
7.San Pietroburgo,
"E' vero, principe Myskin, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?" F. M. Dostojevskij, L'Idiota
Quando a Mokroje tornò l'ufficiale che le aveva sconvolto la vita, poteva forse Mitja immaginare l'ingiustissimo "Tu...tu, non pensarci!" che una crudele Grusa e sofferente crocifisse alla sua devozione? Elaborati tutti i vecchi lutti, mentre la notte bianca ci abbandona sull'acida brezza della Neva, faccio il mio ingresso a San Pietroburgo. Qui, in faccia alla città dostoevskiana, comprendo la radice del mio male: mai mi avresti potuto perdonare di avere venerato la Bellezza.
8.Gerusalemme,
Accadde tutto a Gerusalemme. Si prese entrambi - lo ricordo - un tè sul terrazzo di un bar quasi deserto. Presso le mura della città santa soltanto i venditori di colombe tenevan banco all'ora mattutina. Di gioia mi parlasti e della tua serena fervida vitalità. Io di vane lotte silenziose in riva a quotidiani miei Iabbok: Quando uscimmo, il cielo meridiano già vestiva l'indaco della notte: che la lingua al palato mi si incolli se un giorno mai mi scorderò di te.
9.Sveio,
"Da Sveio si può anche non tornare!" Per chi vi approda in faccia a solitudini astruse e senza salde prospettive, suggerendo ai pensieri tracce chimiche tra lievità e feroce noncuranza, l'affermazione è poco vincolante e suona inconsistente alla memoria: io non c'ero, ma non fa differenza. Dentro al fiordo vorace dell'assenza apparve prima Sveio e poi il novembre che mutò latitudine alla vita. Non tornai perché mai ero partito e ora parto in attesa del ritorno di chi è sempre sul punto di partire.
10.Mor,
Se penso all'azzurrità di Mor, al volo frettoloso delle ore, avverto ancora oggi familiare l'incanto e lo stupore degli sguardi che fiorivano sui colli inebriati dalla sazia intimità della vite. I sentieri della seta ho percorso viaggiando dune di ambra e di pesca fin dove occulta fiorisce la rosa sulla fugace ghirlanda della vita. Abiurati i canti del passato, consacrata a un devoto silenzio, Mor smarrita e perduta va cercando il nido del suo cuore lacerato.
11.Canneto sull’Oglio,
L'iridescenza lunare del fiume replica la tessitura delle nuvole in una circoscritta dimensione che potremmo definire primordiale, se il pensiero non ne scomponesse sulle onde la logica celeste. Il furtivo convegno della luce veste la forma di un'allegoria di cieli, d'acque e di altre allusioni che lo spirito fatica a definire. (Sono a Canneto sull'Oglio, ma il fiume di cui ragiono è il Chiese, onesto Gange di provincia, che scorre non lontano, verso l'intimità dell'universo).
12.Berlino.
Sul limitare di Alexander Platz cercavo una Berlino inesistente: venivo da altri cieli e non sapevo di rabbie, di rimorsi, nostalgie. Solo curiosità, solo attenzione ai segni e alle ferite trascurate della città che fu sudario del mondo. Non mi bastò l'alta torre imponente della tivù modello DDR, non bastarono le Trabant superstiti né i quartieri vietnamiti di Pankow, reduci eretici ed ideologie: Doleva l'irrisolta lontananza e tutto, tutto ormai era diverso.
12 Bagatelle per quartetto di sassofoni su testi di Fabrizio Galvagni.
1.Poznan,
Fischiettare a mezzo tono il motivo di una nota canzone è consolante: "Somewhere over the rainbow blue birds fly..." Vagano gli assonnati viaggiatori dell'areoporto internazionale di Poznan e si congedano mesti, i visi corrosi dagli addii: "Scusa, come si dice "ritornare" nella dolcissima lingua polacca?". Uccello dalle ali avvelenate, rode la gelosia la prima luce: L'aurora, fattasi tramonto, affonda le radici infestanti del buio alle fonti dove sgorgano gli astri.
2.Delfi,
Un'inautentica decadenza attraversa le rovine di Delfi. Un tempo qui la vita ebbe il suo senso e l'oracolo divino risuonava come un accordo perfetto maggiore. Presso il tempietto dei souvenirs, con inflessione ormai quasi macedone, ai turisti che cercano fra i sassi le ebrezze impraticabili del mito, la Pizia incanutita canticchia scontati peana d'importazione: Gli dei ogni sera ammainano il cielo e solo al cupo argento degli ulivi son leciti il responso e la preghiera.
3.Strasburgo,
"Oh se la nave di Argo non fosse mai volata attraverso le azzurre Simplegadi verso la terra dei Colchi.." Euripide, Medea, Prologo
Non mutano al mutar delle stagioni le strade e i canali cittadini: Dai semafori affocati zampilla di questo borgo fatto capitale il rimpianto che non sa trovar pace e l'epilogo vermiglio degli amori già si incaglia tra gli argini e le acque. Simulano argonautiche intimità gli adolescenti, inconsapevoli che ormai tutto e per sempre è perduto. Sentinella notturna che condanna i sogni a brancolare fino all'alba, piove ogni sera sulla cattedrale come una piaga il rosso del tramonto.
4.Novosibirsk,
Come dimenticarti, stazione di Novosibirsk, i grigi vagoni, rugginosi grovigli di binari che inseguono in folla il nord estremo, e le voci e gli annunci gracidanti, sovietici per sempre e intempestivi come l'anonima vodka delle bettole? Si brinda senza tregua nel grigiore frenetico di nebbie e di bufere del lugubre novembre siberiano. Travolto dal naufragio degli arrivi, al passeggero adesso non rimane, che rassegnarsi a una partenza cieca verso il non dove che gli è predestinato.
5.Turnham Green,
Non c'è traccia di te, poeta antico, tra i nodi informi della capitale mille e mille volte mutata. Solo la fretta innaturale delle strade è controcanto al tuo diverso esilio. Nel negazio del vecchio pachistano regna l'enigma della nostalgia, amaro inganno e santa vocazione di perdute Zacinto tropicali. Non c'è traccia di te, poeta antico, nella città lasciva e senza voce: non più fronde, non più limpide nubi, non isole petrose o sacre sponde. E l'esilio è il destino di chi resta.
6.Piatra Mare,
La incontrai sui sentieri dei Carpazi, con un mazzo di rose e gli spaghetti nello zaino. Saliva a Piatra Mare. Le riservai un'accoglienza grande, dovuta alla sua anima irrequieta. Splendeva indelebile negli occhi, cicatrice delle labbra di Dio, il bacio della gioia e del dolore. Fu quassù, non alle querce di Mamre, che Abramo accolse i viandanti divini: Non un accenno, non una parola al passato, ai ricordi, alle promesse: per lei il biondo autunno dei Carpazi si accese dei profumi della sera.
7.San Pietroburgo,
"E' vero, principe Myskin, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?" F. M. Dostojevskij, L'Idiota
Quando a Mokroje tornò l'ufficiale che le aveva sconvolto la vita, poteva forse Mitja immaginare l'ingiustissimo "Tu...tu, non pensarci!" che una crudele Grusa e sofferente crocifisse alla sua devozione? Elaborati tutti i vecchi lutti, mentre la notte bianca ci abbandona sull'acida brezza della Neva, faccio il mio ingresso a San Pietroburgo. Qui, in faccia alla città dostoevskiana, comprendo la radice del mio male: mai mi avresti potuto perdonare di avere venerato la Bellezza.
8.Gerusalemme,
Accadde tutto a Gerusalemme. Si prese entrambi - lo ricordo - un tè sul terrazzo di un bar quasi deserto. Presso le mura della città santa soltanto i venditori di colombe tenevan banco all'ora mattutina. Di gioia mi parlasti e della tua serena fervida vitalità. Io di vane lotte silenziose in riva a quotidiani miei Iabbok: Quando uscimmo, il cielo meridiano già vestiva l'indaco della notte: che la lingua al palato mi si incolli se un giorno mai mi scorderò di te.
9.Sveio,
"Da Sveio si può anche non tornare!" Per chi vi approda in faccia a solitudini astruse e senza salde prospettive, suggerendo ai pensieri tracce chimiche tra lievità e feroce noncuranza, l'affermazione è poco vincolante e suona inconsistente alla memoria: io non c'ero, ma non fa differenza. Dentro al fiordo vorace dell'assenza apparve prima Sveio e poi il novembre che mutò latitudine alla vita. Non tornai perché mai ero partito e ora parto in attesa del ritorno di chi è sempre sul punto di partire.
10.Mor,
Se penso all'azzurrità di Mor, al volo frettoloso delle ore, avverto ancora oggi familiare l'incanto e lo stupore degli sguardi che fiorivano sui colli inebriati dalla sazia intimità della vite. I sentieri della seta ho percorso viaggiando dune di ambra e di pesca fin dove occulta fiorisce la rosa sulla fugace ghirlanda della vita. Abiurati i canti del passato, consacrata a un devoto silenzio, Mor smarrita e perduta va cercando il nido del suo cuore lacerato.
11.Canneto sull’Oglio,
L'iridescenza lunare del fiume replica la tessitura delle nuvole in una circoscritta dimensione che potremmo definire primordiale, se il pensiero non ne scomponesse sulle onde la logica celeste. Il furtivo convegno della luce veste la forma di un'allegoria di cieli, d'acque e di altre allusioni che lo spirito fatica a definire. (Sono a Canneto sull'Oglio, ma il fiume di cui ragiono è il Chiese, onesto Gange di provincia, che scorre non lontano, verso l'intimità dell'universo).
12.Berlino.
Sul limitare di Alexander Platz cercavo una Berlino inesistente: venivo da altri cieli e non sapevo di rabbie, di rimorsi, nostalgie. Solo curiosità, solo attenzione ai segni e alle ferite trascurate della città che fu sudario del mondo. Non mi bastò l'alta torre imponente della tivù modello DDR, non bastarono le Trabant superstiti né i quartieri vietnamiti di Pankow, reduci eretici ed ideologie: Doleva l'irrisolta lontananza e tutto, tutto ormai era diverso.
Se ne possono ascoltare degli estratti dal CD “Personali Latitudini” del Coritage Saxophone Quartet al Link https://soundcloud.com/user-587961896
[CD • Paolo Ugoletti. Personali Latitudini • Coritage Saxophone Quartet ed altri • Aldebaran Editions • 2016]
12 Bagatelle
12 Bagatelle
Nella tua zona non abbiamo trovato un riparatore. Per segnalare un riparatore premi qui