Dopo aver iniziato gli studi di Pianoforte e Armonia nella sua città passa al Conservatorio Giovanni Battista Martini di Bologna dove ha studiato il Contrappunto, Fuga e Composizione con Guglielmo Mattioli e Franco Alfano diplomandosi nel 1921.
Ebbe un'intensa attività concertistica in cui presentava soprattutto sue opere pianistiche.
Iniziò a comporre a Milano nel 1926, quando era critico musicale per “La fiera letteraria” e fu prodigo nella divulgazione della musica contemporanea in Italia. Amico di Riccardo Bacchelli, che fu anche autore di alcuni libretti delle sue opere, frequentò l'ambiente letterario che gravitava attorno alla rivista del movimento letterario "La Ronda". Scrive la sua prima opera di teatro “Il medico volante”, commedia su libretto di Bacchelli, che si propone di creare in musica i perduti spiriti della Commedia dell'Arte e vince il premio bandito a Milano dal giornale "Il Secolo". Dopo aver scritto altre composizioni da camera, nel 1928 viene chiamato a Milano da Umberto Fracchia per assumere la critica musicale della “Fiera Letteraria”. Le sue composizioni in questo periodo risentono di un accentuato gusto per le strutture neo classiche. Scrisse musica strumentale, vocale-strumentale, per il teatro musicale e anche musica per film (per registi come Marco Elter, Camillo Mastrocinque, Augusto Genina ecc., fra 1935 e il 1954).
A Roma creo e organizzò, al Foro Italico, il Conservatorio della Gioventù Musicale Italiana, nel quale insegnò fino al 1943. In seguito fu direttore del Conservatorio di Pesaro (1950-1952), di Cagliari (1953-1955) e infine del Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze (1956-1970). Fu membro dell'Accademia di S. Cecilia e dell'Accademia Filarmonica a Roma, dell'Accademia Filarmonica di Bologna e presidente dell'Accademia Luigi Cherubini di Firenze. Nel 1957 gli è Stata conferita la Medaglia d'oro dell'Associazione Culturale “Columbus Day” e nel 1969 il Premio Internazionale "Guido d'Arezzo" per alti meriti musicali.
-- È importante nel contesto storico musicale italiano la figura di un compositore che più giovane dei "riformatori" della generazione dell'Ottanta, ne proseguì l'opera di rinnovamento aprendosi però ad una personale e costante elaborazione delle correnti più avanzate della musica europea mediate dal legame alla tradizione italiana.
--Ancora studente compose i “Tre Poemi biblici” per canto e pianoforte e Giannotto Bastianelli, noto e severo critico, lo segnala come una futura forza viva della musica italiana.
-- «Fra la generazione del 1880 (che per sfuggire agli influssi del verismo cercò punti d'approdo nel simbolismo e nel classicismo) e le forze più recenti totalmente rinnovate, Veretti presenta un caso interessante di evoluzione e di aggiornamento continui, avendo percorso coscientemente un lungo ponte dalla generazione a lui precedente fino alle più recenti conquiste musicali. Agli inizi, discepolo sensibile di F. Alfano, non sfuggì alle suggestioni di Pizzetti o, per altro verso, a quelle di Casella e del cosiddetto neoclassicismo internazionale (da Hindemith a Stravinskij). Determinante gli era stato, per la formazione intellettuale e gli interessi culturali, l'incontro a Bologna con R. Bacchelli che lo introdusse nell'ambiente letterario della "Ronda" rivolto alla ricerca di uno stile lucido e controllato, nel solco della tradizione italiana. Il culto per i valori classici della forma venne quindi ad equilibrare gli impulsi al lirismo o all'espressività, a loro volta disciplinati da un'indole schiva ed elegantemente pudica, da un civiltà dei sentimenti, da una saggezza che poteva anche sembrare freddezza. Indotto al teatro, ancora molto giovane, dal critico e compositore G. Bastianelli, diede ottime prove nel Favorito del re, un'opera pervasa di spiriti rinnovatori e polemicamente accolta (poi rielaborata come opera- balletto, col titolo di Burlesca) e con l'atto unico Una favola di Andersen. Le tre sinfonie (Italiana, Epica e Sacra) non vogliono avere precisi riferimenti programmatici: ma la terza che spiritualmente si ricollega all'oratorio Il figliol prodigo, rivela una precisa ispirazione misticoreligiosa e soprattutto un profondo impegno morale e poetico.
Verso il 1950 si verificò il punto di svolta di Veretti, con l'adozione esplicita della tecnica dodecafonica alla quale era pervenuto non tanto per adeguarsi ad una moda ma per un'esigenza del tutto naturale, con una scelta dettata da una logica evoluzione e dalla costante attenzione verso ogni aspetto della modernità.
Dal Concerto per pianoforte (1949) alla Ouverture della campagna (1951), dalle Quattro poesie di Giorgio Vigolo (1950) alla Sonata per violino e pianoforte (1952) si giunge al mistero coreografico I sette peccati che è il lavoro più impegnato ed importante di questo periodo, un'opera che, per virtù strettamente musicali, continua a sopportare la doppia versione e l'ambivalenza in cui è nata, quella concertistica e quella coreografica. L'ultimo periodo di Veretti compositore è caratterizzato da una chiarificazione e da un approfondimento del materiale sonoro ed appare come l'approdo elevato di un lungo cammino (ad esempio nella Prière pour demander une étoile, 1966-1967, con la doppia versione per coro a cappella e con orchestra).» (http://www.magiadellopera.com)
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