Alcuna fonte indica che nacque a Napoli il 12 Dicembre 1899.
Nel 1924 sostenne e superò nel Conservatorio di S. Pietro a Majella di Napoli, da privatista, l’esame di licenza normale di composizione, e che a quella prova s’era preparato sotto la guida di Camillo De Nardis. Subito dopo s’iscrisse alla scuola superiore di composizione nel medesimo istituto dove, nei successivi quattro anni, fu allievo di Antonio Savasta (1924-25), ancora di De Nardis (1925-26) e poi fino al diploma, conseguito nel giugno 1928, di Gennaro Napoli. Completò la formazione recandosi nel 1932 a Parigi per prendere lezioni da Albert Roussel.
Si era però già messo in luce vincendo due premi: l’uno, bandito nel 1930 dalla Società napoletana dei Concerti orchestrali, con il Preludio a una commedia di Shakespeare (Twelfth Night), che fu poi eseguito al teatro di S. Carlo da Fritz Reiner nel 1931e al suo apparire salutato da Mario Castelnuovo-Tedesco come «una delle più singolari e significative» tra le partiture recenti dei giovani compositori italiani; l’altro, promosso nel 1931 dall’Accademia filarmonica romana, con una Canzonetta in rondò per canto e pianoforte su versi di Giuseppe Parini («Ho gusto ancor di vivere»).
Nel 1936, a Napoli, inizia la carriera didattica assumendo in Conservatorio l’insegnamento di teoria e solfeggio. Fu poi insegnante di musica nell’Istituto per giovani ciechi dal 1939 al 1941, e dal 1941 in Conservatorio fu titolare di armonia e contrappunto, e dal 1959 di contrappunto, fuga e composizione (furono suoi allievi Aldo Ciccolini, Carlo Bruno, Roberto De Simone, Francesco d’Avalos). Dal 1963 fu al Conservatorio di S. Cecilia in Roma, dove rimase fino alla cessazione del servizio, nel 1970.
Nella nutrita pattuglia di musicisti maturatisi a Napoli negli anni Venti (Elena Barbara, Antonio Cece, Terenzio Gargiulo, Achille Longo, Jacopo Napoli, Mario Persico, Mario Pilati e, in parte, Alfredo Sangiorgi), si distinse per la spiccata inclinazione alla cultura francese, che ne orientò durevolmente il gusto, lo stile, le scelte tematiche e formali.
A questo filone ‘francesÈ fa però riscontro, intrecciandosi disinvoltamente con esso, uno ‘napoletano’, che con vivacità temperata da una sobria vena sentimentale ripropone aspetti tipici della civiltà musicale in cui affondava pur sempre le radici.
L’inclinazione francofila (ma temperata essa pure dalla fedeltà alla tradizione napoletana) contrassegnò anche l’orientamento didattico di Parodi: ne fanno fede, oltre le testimonianze degli allievi, le sue traduzioni del Traité de la fugue di André Gédalge (Trattato della fuga, Milano, 1953) e del Précis des règles du contrepoint di Charles Koechlin (Compendio di regole per il contrappunto, Milano, s.d.).
La sua produzione musicale contempla alcuni balletti, poche musiche di scena per il teatro e vari lavori per orchestra e da camera.
(Estratti dall’Enciclopedia Treccani)