Pianista, compositore e didatta.
Inizia giovanissimo lo studio del pianoforte, sotto la guida di Carla Giudici presso il Conservatorio S. Cecilia di Roma. A sedici anni vince la borsa di studio del Corso Internazionale di Piano di Bruxelles, e frequenta le lezioni di Alfredo Speranza e Nelson Aquiles Delle Vigne-Fabbri. Al termine del corso viene selezionato, unico italiano, per il Concerto Finale. Si perfeziona con il pianista Francesco Martucci, diplomandosi con il massimo dei voti e la lode presso il Conservatorio S. Cecilia di Roma. Presso lo stesso Conservatorio si diploma poi brillantemente in Musica da Camera e in Didattica della Musica con il massimo dei voti. Nel frattempo nasce la passione e l'interesse per la musica contemporanea colta e decide di intraprendere lo studio della composizione. Partecipa a Workshop tenuti da Luis De Pablo, Beat Furrer, e Mark Andre. Ha conseguito il Biennio Specialistico in Composizione. Frequenta il corso di alto perfezionamento in Composizione presso l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia con il Maestro Ivan Fedele.
Mentre è ancora studente, esegue in concerto nella Sala Accademica del Conservatorio di Roma "Marionette" di Teresa Procaccini, per pianoforte a quattro mani, alla presenza di Luciano Berio.
La sua prima composizione,"Abend", su una lirica di Georg Trakl, viene selezionata dall'Università di Tor Vergata per una rassegna di musica contemporanea ed eseguita nell'auditorium dell'Università. Consegue il Diploma Accademico di Primo Livello con lode presso il Conservatorio di S. Cecilia, con la composizione "Trasmutazioni" segnalata al Concorso Internazionale Premio Valentino Bucchi. Il suo Quartetto d'Archi "Hypnos" viene selezionato per uno scambio culturale con il Dipartimento di Musica dell'Università di Edimburgo ed eseguito presso la Reid Hall Concert della stessa Università. Vince il Primo Premio al Concorso Internazionale per Chitarra Goffredo Petrassi, con la composizione "Sol Niger". Nello stesso anno la composizione "Atra Soror" viene eseguita dal Parco della Musica Contemporanea Ensemble (PMCE) diretto da Tonino Battista e la sua composizione "Scent of Vengeance" per Soli, Coro e Orchestra viene selezionata da Kulturvert ed eseguita ad Umeå.
Ha conseguito il Biennio Specialistico in Composizione con lode presentando la composizione "Geheimnisvollen Formen der Zeit". La composizione è stata eseguita all'Auditorium Parco della Musica di Roma dal Parco della Musica Contemporanea Ensemble diretto da Tonino Battista, nell'ambito della stagione dedicata alla musica colta contemporanea, vincendo il Premio Giannuzzi istituito in collaborazione con il Parco della Musica. La sua composizione per arpa "Solve et Coagula" è stata commissionata da Nuova Consonanza ed eseguita nel 49° Festival di Nuova Consonanza dedicato a John Cage dall'arpista di fama internazionale Lucia Bova, alla quale il lavoro è dedicato.
Si è sempre interessato anche al cinema, in particolare agli aspetti della percezione visiva e della percezione temporale, nell'ottica della riflessione filosofica aperta da Gilles Deleuze: ha all'attivo una pubblicazione sul cinema presso i tipi della Pamom, Nuova Italia, all'interno della Letteratura del Novecento di Giovanni Casoli.
Intervista rilasciata dal compositore in occasione del concerto tenutosi il 13 giugno 2014 all’Auditorium Parco della musica, nel quale sono state eseguite sue musiche e dalla quale intendere elementi della sua poetica
«Sei un compositore molto interessato a discipline extramusicali, come la filosofia e la fisica. Quali relazioni riesci a instaurare fra queste e il tuo lavoro di musicista?
Direi una relazione metaforica o, comunque, di linea guida. Oggi ci sono troppe composizioni senza un’idea precisa alla base: sono le stesse che, alla fine dell’ascolto, non ci hanno condotto da nessuna parte. Ovviamente l’idea non esaurisce il lavoro del compositore, ma poiché la nostra mente, come ha dimostrato con eleganza Julian Jaynes, afferra ogni cosa e si1 impadronisce di ogni cosa inserendola in un rapporto alla cui base c’è la metafora, il lavoro con tutto ciò che è extra musicale è sempre un «come se». L’extra musicale può essere: l’idea di montaggio cinematografico, una teoria ottica o quant’altro. La tecnica, una volta acquisita, diviene un riflesso incondizionato, ma se non c’è l’idea – enzima a fare da catalizzatore – ecco che si resta fermi esattamente al punto di partenza.
Quali idee, ideali o altro ancora sono alla base della tua poietica compositiva?
Lo studio dell’alchimia è stato sempre per me fonte di idee. Direi che, per ora, ci sono alcune principali linee di immaginazione che seguo. Una, appunto, è quella dei processi alchemici e della psicologia alchemica. Poi viene il concetto di Gestaltung nel senso in cui lo intendeva Paul Klee.
Nell’icona viene espresso il tentativo di in-formare il divenire senza negarlo, attraverso una dialettica tra forma e divenire in-formato.
In particolare, è stato per me importante lo studio delle icone, nelle quali la relazione tra divenire e forma (intesa come tode ti) è straordinariamente feconda: un minimo dettaglio, finemente lavorato, può, infatti, instaurare una potenziale δύναμις (dýnamis). Nell’icona viene espresso così, magnificamente, il tentativo di in-formare il divenire senza negarlo, attraverso una dialettica tra forma (intesa come ergon, approdo alla quiete dopo il movimento), e divenire in-formato: un tentativo, cioè, di mediazione tra due opposti che possano darsi come aspetti complementari di una forma più ampia, che accolga il divenire senza negarlo. Altri due importanti serbatoi ai quali attingo idee e stimoli sono il concetto di ripetizione, come lo intese Plus Servien e poi Deleuze, e il concetto di engramma, coniato nel 1908 da Richard Semon. Infine, la visione del mondo espressa dalla fisica moderna non cessa mai di fornirmi apporti immaginativi.
Quale funzione occupa, secondo te, la figura del compositore di musica contemporanea e d’avanguardia all’interno della nostra società?
Spero occupi gli spazi dell’inutile. L’arte deve essere inutile: non serve, perché regna. Però è bene non farsi troppe illusioni: come osserva con acume Czesław Miłosz, può essere benissimo che «il tono cupo e disperato dell’arte dal novecento ai nostri giorni, venga un giorno riconosciuto come una patina stilistica imposta, come un cliché». La massima per la quale «Noi non parliamo, ma siamo parlati dal linguaggio» sembra prendersi la sua rivincita: l’arte come manifestazione di un’epidermide irritata.
Progetti per il futuro.
Io mi comporto come un membro di alcuni popoli dell’Africa, per i quali il futuro non è di fronte a noi ma alle nostre spalle, poiché non possiamo scorgerlo.»
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