Linguista, compositore ed etnomusicologo, ha studiato violino con il padre e con Cesare Barison, composizione con Ivan Grbec e Vito Levi, ambedue allievi di Antonio Smareglia. Dopo la laurea in Filologia slava a Lubiana (1950) e Lettere a Roma (1960) si è dedicato alla critica e allo studio del folklore musicale.
Ha insegnato materie letterarie nelle scuole slovene a Ljubljana e Trieste (1050-1965), ha collaborato come consulente e critico musicale (1953-1965) e in seguito come responsabile dei programmi musicali e collaboratore di programmi culturali (1965-1987) con l'emittente slovena della Radiotelevisione Italiana, Sede del Friuli Venezia Giulia, nonché con scritti, recensioni e critiche con editori in Italia, Slovenia e altri paesi europei.
Ha scritto musica da camera e sinfonica, ma ha rivolto l'attenzione soprattutto alla voce umana, scrivendo Lieder per voce sola e con accompagnamento strumentale, cantate per voci soliste e/o coro, gruppi strumentali o orchestra; l'opera lirica “La libellula” rappresentata al Teatro Comunale G.Verdi di Trieste (1976) e all'Opera di Maribor (1985-1986), nonché l'opera radiofonica “Il noce” che ride; molta musica per coro a cappella su testi greci, latini tedeschi, sloveni, italiani, friulani e sardi; ha elaborato canti di tradizione orale sloveni e italiani per coro e per voci soliste con accompagnamento strumentale; ha dedicato particolare attenzione alle voci bianche.
Le sue musiche sono state eseguite in tutti i continenti. Ha ricevuto nel 1971 il premio della Fondazione Preseren a Ljubljana per il Concerto per violino e orchestra (1970).
Nel 1985 è stato eletto membro corrispondente dell'Accademia di Arti e Scienze di Ljubljana e nel 2014 è stato insignito del Premio Preseren per il lavoro svolto nell’ambito della musica, dello studio della lingua e dell’etnografia.
-«Il suo linguaggio parte parte dalla scuola tardoromantica che si apre alle nuove esperienze, seguendo soprattutto gli esempi di D.D.Sostakovic e della seconda scuola di Vienna. Dal 1965 l’esperienza di ricercatore etnomusicologico tra le popolazioni slovene in Italialo arricchisce e sposa le precedenti esperienze al melos e al ritmo della tradizione popolare». (Dal catalogo monografico della Pizzicato)
--Lo stile di Pavle Merkù fonda le sue radici nel tardo romanticismo che, negli anni di formazione del compositore, imperava nelle accademie e nei conservatori. Ben presto però il contesto culturale musicale italiano sarà destinato ad un repentino cambiamento che si farà sentire soprattutto in quelle città, come Trieste, contraddistinte da un preponderante clima mitteleuropeo.
Ecco che quindi Merkù dai modelli neoclassici di Hindemith si dirigerà verso un espressionismo lirico di stampo berghiano, mentre successivamente, grazie ai suoi frequenti contatti con Dallapiccola passerà all'approfondimento dei metodi dodecafonici della seconda scuola di Vienna.
Il suo sguardo sarà in seguito rivolto particolarmente ad autori, quali Dmitrij Šostakovič, che gli suggeriranno un nuovo modo per trattare i colori orchestrali, per l'uso espressivo dei timbri dei fiati, quali fagotti, corni, ma anche delle percussioni con un impiego fondamentale della ritmicità intesa non più come struttura, bensì come elemento di spicco della composizione.
Autodefinitosi più volte come autore neoespressionista, Merkù ha progressivamente inglobato nella sua musica varie tecniche più recenti di scrittura musicale (slaptongue per gli strumenti a fiato, utilizzi percussivi degli strumenti ad arco, water-bells, eccetera).
Nella tua zona non abbiamo trovato un riparatore. Per segnalare un riparatore premi qui