Pianista e compositore si è diplomato in Pianoforte, al Conservatorio di Musica di Napoli, nel 1980. Ha iniziato lo studio della Composizione, con B.Mazzotta, dapprima come completamento culturale d'interprete sino al conseguimento del diploma, nel 1986. È stato quindi allievo di A.Clementi, di F.Donatoni e poi di U.Rotondi. Contemporaneamente si è laureato al DAMS di Bologna.
Premiato come pianista in Concorsi Nazionali e Internazionali, ha al suo attivo una proficua attività concertistica come solista e in formazioni cameristiche.
I suoi lavori sono stati eseguiti in Italia e all'estero (Francia, Spagna, Grecia, Olanda), in concerto ed in trasmissioni radiofoniche ed è stato più volte invitato come soggetto per trasmissioni monografiche dalla RAI. Partecipa attivamente alla vita musicale come promotore di iniziative tese allo sviluppo e alla diffusione della musica contemporanea. Con l'Hyperion Ensemble, gruppo dedicato all'esecuzione di musica contemporanea e del '900 del quale è direttore, ha curato numerose prime esecuzioni in Italia, Francia e Spagna di brani dedicati a lui ed al suo Ensemble.
Insegna Pianoforte al Conservatorio di Musica di Avellino.
--«Dopo gli studi napoletani, Enrico Massa si è perfezionato con Donatoni e Clementi. La sua ricerca, rigorosissima, s'è indirizzata verso lo studio di parametri costanti, invarianti o 'eterni'. Ben presto ha preso le distanze dai suoi maestri, lamentando soprattutto la loro indifferenza alla dimensione verticale; ha così cercato inedite relazioni strutturali tra accordi, nuove 'armonie' possibili, pur senza tornare alla tonalità. Ha rilievo pure la rivalutazione della tensione melodica (come ad esempio in Ditirambo).
Massa certamente caratterizza il suo lavoro attraverso una forte carica intellettualistica, che si esprime, ad esempio, nell' interesse per la memoria, indispensabile per l'individuazione della forma di un brano. Per lui, la riconoscibilità di fatti accaduti nel tempo (ha funzione simile a quella dello spazio nell'arte figurativa) assicura la continuità tra atti fondamentali e loro impercettibile mutazione (variazione). "Ogni frammento di musica è formato da singole unità sonore che stabiliscono con l'unità precedente e con quella seguente rapporti di altezze, durata e omo/disomogeneità timbrica": l'aggregarsi di queste particelle crea strutture più complesse. Ciò fa sì che Enrico privilegi la forma chiusa, proprio a causa della presenza di una finalità connessa con l'esercizio della memoria: anche Weininger lega quella facoltà all'espansione volitiva.
Così, giustizia è fatta della serialità integrale, che Massa dichiara morta e defunta proprio come la tonalità; e del suo distaccarsi dall'opera aperta s'è detto. Oggi, l'attenzione va soprattutto al tempo, e subisce la suggestione proustiana: "un tempo in cui passato e presente si intreccino e si confondano, in cui non sempre sia possibile distinguere con chiarezza il prima dal dopo".
Questa ricerca sul tempo e sulla memoria sortisce esiti differenti nella sua produzione. A parte i Cinque pezzi per pianoforte (1986), eseguiti in Italia e Grecia da Roberto Melini, la sua prima produzione è perlopiù inedita e non ancora eseguita. Si tratta di Collage eSonatina per vibrafono e pianoforte (1986); Presentia per quartetto d'archi (1988); Il segreto di Arianna per violino e percussioni (1988). Invece Cheter (1989), per due pianoforti, vede diverse esecuzioni, anche radiofoniche, grazie ad Oreste De Tommaso e Carlo Mormile. Vi si esibisce un pianismo vigoroso, esuberante, energico e poderoso, non esente da deteriori tensioni virtuosistiche, e tuttavia d'effetto. Dei Quattro Studi per flauto (1989-90) uno soltanto è stato eseguito più volte da Daniela Cima e anche da Sandro Carbone, ma lo trovo una sorta di esplorazione di tecniche sperimentali, e non di grande interesse.
Complesso, solidamente costruito, insomma nello stile di Massa, è The Pit and the Pendulum (1990, per chitarra, che più di altri pezzi si fa esemplare del progetto compositivo. Brano rarefatto, suddiviso in 'aree', ambiti o segmenti riconoscibili, ancorato probabilmente a stilemi sperimentali, è tuttavia non privo di esiti espressivi, soprattutto quando rinuncia ad effetti di 'rottura' trasversale. Una sezione echeggia consapevolezza di musiche diverse, addirittura anche jazz (in senso molto lato). In altra sezione, quella che più adotta il metodo donatoniano, presenta attimi (note), punti d'appoggio timbricamente riconoscibili. L'ultima parte torna al lento risonare, stavolta di accordi, appena 'disturbati' da interventi strumentali ad effetto.
Il successivo Studio per Arianna (1991) è tratto da Il segreto di Arianna quasi integralmente. Non è il brano che preferisco, ma devo dire di averlo ascoltato (sia dal vivo che su nastro) soltanto nell'esecuzione di Enzo Porta, forse troppo 'specialistica'. Il Preludio per chitarra, sempre del '91, è tutt'altra cosa,<
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