Dopo la cessione dell'Istria all'amministrazione jugoslava si trasferì a Torino dove studiò presso il locale Conservatorio di Musica, ma diplomandosi al Conservatorio di Musica di Milano in Musica Corale e Direzione di Coro (1963) e in Composizione e Direzione d'Orchestra (1972). Ha frequentato successivamente corsi di perfezionamento avendo come insegnanti G.Petrassi, L.Dallapiccola, F.Donatoni per la Composizione e P.Maag e F.Ferrara per la direzione d'Orchestra e N.Antonellini per la Direzione di Coro Polifonico.
Dedicatosi fin da giovane alla poesia ha pubblicato varie raccolte e gli sono stati conferiti preziosi riconoscimenti.
Autore di musica per il teatro, di composizioni sinfoniche e di varia musica da camera (l'Ariston di Milano gli ha dedicato nel 1994 un CD monografico) pubblicata da Ricordi, Sonzogno Casa Musicale, Zanibon, Pizzicato e Scomegna (TO) ha vinto vari premi di Composizione (Parma, Roma, Trieste, Copenaghen, ecc.) ed è stato eseguito in importanti sedi (Piccola Scala di Milano, Piccolo Regio di Torino, Accademia Chigiana di Siena, Bargemusic di New York, ecc.) oltre che da RAI ed emittenti radiofoniche estere.
Come concertista ha effettuato concerti in Italia e all'estero (USA, Jugoslavia, ecc.). Insegna attualmente al Conservatorio di Musica di Torino.
Il 27/12/2006, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il maestro Donorà viene insignito del titolo di Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
«Se possedessi una proprietà di linguaggio atta a descrivere in un brevissimo spazio consentitomi un’autoanalisi alle mie opere, non esiterei a farlo, ma poiché penso, parlo ed agisco da compositore, dirò con estrema semplicità ciò che ho da dire, lasciando la mia musica, per un’analisi, ad altri. Come per tutti i compositori, la creatività musicale, è per me una necessità interiore. Iniziai giovanissimo a comporre musica ma solo dopo gli studi severi di armonia, contrappunto e fuga, capii che ciò che avevo scritto prima aveva poco valore. Ma con gli anni di Siena, frequentando i corsi di Composizione all’Accademia Chigiana, studiando con G. Petrassi prima e con F. Donatoni poi, il mio pensiero musicale, subì un immediato cambiamento di tendenze, rivolto verso la nuova avanguardia.
Posso ben considerare oggi, dopo circa trent’anni di attività, riscontrare, nel complesso della mia produzione musicale, alcune tappe di sviluppo del mio linguaggio e della mia poetica. Il mio modo di comporre ha subito sen’altro influenze e trasformazioni del linguaggio muisicale del Novecento staccandomene poi gradatamente. La mia predilizione è rivolta da sempre alla produzione musicale vocale e a quella teatrale, senza tuttavia trascurare quella strumentale, cameritica e quella sinfonica, pur confessando la mia predilizione per le piccole forme.
Ogni mio lavoro di qualsiasi forma e genere è pensato e scritto secondo i dettami poetici ed estetici che andavo scoprendo in quel determinato momento. Porterò come esempio di analisi tre mie composizioni cameristiche: il Quintetto per strumenti a fiato del 1973; Notazioni per pianoforte, del 1974 e il Trio di ottoni del 1974. Nel Quintetto per fiati il materiale prende sviluppo da un frammento tematico esposto da cinque strumenti, riscontrabile nelle misure 129-30-31. Un importante sviluppo hanno le singole parti strumenttali, dove le figurazioni ritmiche – con un particolare processo compositivo – si rinnovano creando una fitta rete contrappuntistica. Dopo un Corale, un gruppo slittante di suoni acciaccati tentano e raggiungono un punto d’incontro e per una chiusa ben serrata. Il Quintetto, come ho detto, strutturato sopra un frammento tematico, diventa espressione di gestualità. Questo lavoro mi è stato commissionati dalla RAI di Trieste. In Notazioni nell’anno 1948 per pianoforte è stato composto su notazioni medievali quali l’alfabetica, la neumatica e quella mensurale. Il recupero di questa scrittura si integra perfettamente con la notazione moderna e con altri segni pittografici che compongono questa “partitura” creando una sonorità inedita, quasi volesse essere, per chi l’ascolta, un ponte che unisce due epoche lontane fra loro, in una “unica” sonorità di effetto di atemporalità. Predomina quindi in questo lavoro la tecnica dell’Alca. In seguito, questa composizione ha sollecitato il mio pensiero creativo, scoprendo e sviluppando un nuovo e personale sistema di scrittura musicale, basato appunto sul mensuralismo o sull’approssimazione, sistema che mi ha permesso di creare alcuni lavori anche di notevole interesse. I segni sono scritti in campo aperto e stabiliscono tra loro corrispondenze di spazi, di silenzi e di durate “libere”. Tutto il lavoro poggia sopra un “cantus firmus” di una melodia gregoriana (Anima mea – Responsorio della Settimana Santa). Il concetto intellettuale del mio lavoro può essere rispecchiato in quello espresso da Boezio nei Pensieri sulla Musica che dice: “La confessione accompagna il senso, ma siccome la materia non impedisce l’intelletto e la ragione, essa intuisce, oltre la relazione col soggetto, le apparenze che osserva, e piuttosto corregge o completa, ciò che nel senso v’è di errore e di manchevolezza”. Il Trio di ottoni per due trombe e trombone è scritto in tre movimenti senza soluzione di continuità. Anche qui, il materiale tematico deriva da un lavoro, composto in precedenza a Siena. Si tratta di Stimmen per cinque strumenti. Il materiale di derivazione, si neutralizza - secondo un processo di trasformazione di tutti i parametri musicali - creando, dalle sue continue "variazioni", nuove strutture per un linguaggio che vuole contenere un profondo pensiero ragionato.
Cito ancora una volta, a proposito, un’altra frase di Boezio: "(...) perciò si deve concedere al senso dell’orecchio tutto il giudizio ma deve essere messa in atto anche la ragione".» (Dall’Autoanalisi dei compositori italiani contemporanei – Volume I di Flavio Pagano Editore)
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